martedì 24 settembre 2013

Antiche campane

Il gobbo si è svegliato quando il primo sole aveva già raggiunto i banchetti bianchi. A qualche metro dalle balaustre omini indaffarati esponevano resti di cantine, polvere quotata e passati nostalgici lasciati a maturare lontano dagli occhi ma non dal cuore. Con l'aria fresca un odore ciarliero saliva molto oltre l'orlo dei palazzi imprimendosi nelle narici del gobbo come una persistenza.
La sua figura filtrava curiosità tra guglie invisibili. Avrebbe voluto gettare il mantello logoro e indossare un bel vestito, farsi prestare un paio di occhiali offuscati e poche monete dalle offerte votive, percorrere le scale senza bisogno di poggiare a terra i piedi e uscire in strada. Perché mai gli era capitato di pensare che il pranzo fosse un regalo da scartare in compagnia. La bellezza di una domenica di inizio autunno gli stringeva il petto e gli lasciava un timido languore: immaginò un'esistenza eterogenea e uomini e donne di ogni colore che vivono su quattro dimensioni e usano geometrie non euclidee per venirsi incontro e non lasciarsi più andare.
Noi che eravamo lì non ci siamo accorti di nulla. Spesso la felicità non ammette disarmonie. Eppure, mentre eravamo intenti a servire fagotti verdi e rossi a pois in cassette bianche assemblate per amore, ci è sembrato di sentire in lontananza campane suonate a festa.
E nessuno era più solo.           


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