Siamo
tutti in cerca di qualcosa. La maggior parte delle volte è un incoraggiamento. Certo,
nessuno ti vieta di volare da solo e non girarti mai; dimenticare la paura che
hai provato sul ramo di frassino, dimenticare che hai pensato che fosse da
stupidi cominciare da un legno così flessibile per la tua prima volta; puoi sentirti onnipotente e fare tre giri della morte senza andare in redout. Ma ti
resteranno sempre i piedi di piombo se non c’è qualcuno che ti spinge.
Ogni
volta che ho pensato ‘se piove resto a casa’ ho fatto in modo di applicarlo, e
ho applicato alla teoria del volo la medesima accidiosa letargia. Detesto chi
tira la corda e non gonfia palloncini, perchè non so come ringraziarli. Ma mi sono
bastate poche ore per imparare che prima di un balzo fa bene al cuore stringere
una mano e dire la parola giusta.
Avevamo
grembiuli verdi ai fianchi e quattro spiccioli in tasca, un taccuino su cui
segnare i vecchi amici e sorrisi su cui appendere i nuovi. Dai finestrini
lasciati aperti colava acqua sui sedili ma nessuno ha pensato di chiuderli. Si è
formato un capannello dove prima c’era una canzone e serrande abbassate troppo
tardi. In ultimo sono arrivati i primi e anche le nuvole hanno ceduto all’avanzare
della parabola.
Forse,
tra i tanti che sono passati, qualcuno si sarà chiesto che fine fa tutta l’acqua
che cade dal cielo su una strada nera, se non è costretta a porose
raccomandazioni, intervalli regolari, radici quadrate. Mi piace pensare che
non ci sia nulla da chiedere in cambio, perché esiste una sola via per
diventare un arco con sette colori.
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